Cassazione: in caso di acquisto edificio abusivo l’acquirente può rivalersi sul Comune per mancata vigilanza in riferimento ad abusi edilizi non repressi
In caso di acquisto di un edificio abusivo, privo del permesso di costruire e agibilità (abitabilità), l’acquirente si può rivalere sul Comune per ottenere il risarcimento danni.
Ad affermarlo è la Corte di Cassazione con la sentenza 4889/2019.
Come chiarito dai giudici, il caso più frequente è quello di immobili acquistati dopo aver genericamente verificato l’esistenza del permesso di costruire e della licenza di abitabilità ed essersi accorti, dopo un po’ di tempo dall’acquisto, di irregolarità edilizie (ordini di demolizione, sanzioni pecuniarie), per parziale o totale a abusività dell’immobile.
Altro caso frequente è quello del Comune che esiga la regolarizzazione di unità immobiliari a distanza di molti decenni dalla costruzione, che consente di sanzionare abusi di diversi decenni prima.
Il caso
Dopo aver acquistato un appartamento, il nuovo proprietario scopre, nonostante il permesso di costruire e la licenza di abitabilità emessi dal convenuto, che l’immobile era affetto da svariate irregolarità edilizie ed urbanistiche, tanto gravi da renderlo parzialmente abusivo, ossia inidoneo all’uso ed incommerciabile, ed oggetto di ordinanza di demolizione.
L’acquirente presenta, quindi, ricorso nei confronti del Comune per l’omessa vigilanza circa il rispetto delle prescrizioni urbanistiche nella realizzazione del fabbricato da parte della società immobiliare, chiedendo la condanna al risarcimento dei danni (ex art. 2043 c.c.) a lui causati.
Sentenza di Cassazione
Giunto in Cassazione, il Comune è ritenuto responsabile per aver causato danni all’acquirente, imputando all’Ente un comportamento inerte e negligente nei confronti di precedenti abusi edilizi: se il Comune fosse stato vigile nel reprimere l’abuso, la vendita non sarebbe avvenuta.
In particolare:
adducendo che la P.A., nell’omettere la dovuta sorveglianza ed i controlli prescritti dall’art. 27 del dPR n. 380 del 2001 nei confronti di un terzo costruttore e nell’emettere i provvedimenti abilitativi, lo abbia indotto a acquistare una parte dell’edificio realizzato, confidando incolpevolmente sulla relativa regolarità urbanistico-edilizia, rivelatasi inesistente.
Il principio espresso dalla Cassazione con la sentenza in esame, consente all’acquirente di reagire alla sanzione per abusi remoti, chiedendo al Comune il risarcimento del danno causato dall’incolpevole affidamento su una situazione che il Comune stesso ha tollerato per inerzia e negligenza.
Questo dovere di vigilanza del Comune integra un sistema di recente innovato con il codice della crisi d’impresa (dlgs 14/2019), che impone la forma della scrittura privata autenticata, con fideiussione del costruttore, per vizi strutturali degli immobili da costruire: i difetti oggetto di tale garanzia sono quelli che possono causare una rovina totale o parziale (crepe, pavimenti irregolari, umidità), cui ora si aggiunge anche la possibilità di chiedere al Comune il risarcimento danni per negligente controllo degli abusi edilizi.
Alla luce della recente sentenza, quindi, gli acquirenti, che già possono agire nei confronti del venditore per difformità edilizie (1490 Cc) e difetti statici (1669 Cc), ora possono rivalersi verso l’ente locale per abusi edilizi non repressi.