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Quando la modifica della canna fumaria in facciata non lede il decoro architettonico?

  • Immagine del redattore: Studio tecnico Metelli
    Studio tecnico Metelli
  • 26 set
  • Tempo di lettura: 5 min

La Cassazione si pronuncia su questioni di decoro architettonico e modifiche strutturali con implicazioni rilevanti per l’installazione di elementi tecnici sugli edifici

Nel cuore delle città storiche, ogni intervento edilizio si trasforma in una delicata partita tra innovazione tecnologica e rispetto del patrimonio architettonico. Tra le modifiche più controverse, quelle che riguardano le canne fumarie mettono in luce il conflitto tra funzionalità impiantistica e decoro estetico. La giurisprudenza attuale si impegna a tracciare linee guida precise per bilanciare questi interessi, definendo quando un intervento tecnico diventa lesivo dell’armonia visiva dell’edificio e quando può invece essere considerato compatibile anche in presenza di una sua identità storica. Un equilibrio sottile, messo in evidenza dalla Corte di Cassazione in una recente sentenza: la n. 12854/2025, che chiama in causa non solo aspetti tecnici, ma anche sensibilità culturali e valori comunitari.

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Adeguamento degli edifici all’impiantistica moderna e modifica delle canne fumarie in facciata quando possono incontrarsi nel rispetto del decoro architettonico?

Una società immobiliare S.r.l. acquistava nel 2010 un immobile di circa 370 metri quadrati, occupante l’intero primo piano di un edificio dei primi del Novecento, privo di impianti e bisognoso di ristrutturazione. Nel 2013, la società ha avviato trattative per la vendita dell’immobile, prevedendo il frazionamento in tre appartamenti. A tal fine, sono stati elaborati progetti per dotare ciascun appartamento di impianti autonomi di riscaldamento, acqua calda e gas, con la prevista installazione di canne fumarie e contatori sul prospetto interno dell’edificio condominiale, affacciato sul cortile.

Diversi altri proprietari nel medesimo edificio hanno convenuto in giudizio la suddetta società immobiliare, chiedendo al Tribunale di dichiarare le opere programmate illegittime, in quanto lesive del decoro architettonico dell’edificio, violando il regolamento condominiale e l’art. 1120 del codice civile, e hanno chiesto inoltre che fosse vietata la realizzazione delle opere previo accertamento dell’inesistenza del diritto di accesso al cortile. La società si è costituita chiedendo il rigetto delle domande e ha proposto domanda riconvenzionale contro alcune opere già realizzate dagli attori stessi.

Il Tribunale ha parzialmente accolto le domande, dichiarando legittime alcune opere previste dalla immobiliare e non altre, rilevando che solo una delle opere contestate agli attori risultava lesiva del decoro architettonico. Inoltre, è stato imposto alla proprietaria del cortile di consentirne l’accesso  per l’esecuzione delle opere legittime.

Successivamente, in appello, la Corte ha confermato la sentenza in tutti i suoi aspetti, trattando anche l’impatto estetico delle canne fumarie come parte centrale del giudizio.

L’approfondimento della Corte d’Appello sul raddoppio in sezione della canna fumaria lesivo del decoro architettonico già compromesso da precedenti interventi

La questione più delicata riguarda la modifica di una canna fumaria già presente sulla facciata, originariamente di piccolo diametro, con una canna più ampia, necessaria per il passaggio di due tubature al posto di una sola. La Corte territoriale aveva riconosciuto che tale modifica si inserisce in un contesto dove il cortile presenta già alterazioni che hanno compromesso in modo rilevante il decoro architettonico originario. La stessa Corte aveva invece ritenuta illegittima l’installazione di una nuova canna fumaria adiacente al pluviale “per l’impatto visivo stonato“.

Gli originari ricorrenti (i condomini contrari) hanno presentato ricorso in Cassazione articolato in sette motivi. Di particolare rilievo è la contestazione riguardante la legittimità della sostituzione della suddetta canna fumaria con un’altra di diametro superiore. Essi censurano la decisione della Corte d’Appello che ha ritenuto legittima tale opera, sostenendo che essa peggiori lo stato dei luoghi e che la Corte abbia attribuito eccessivo rilievo alla precedente compromissione del decoro architettonico dell’edificio. Viene contestato inoltre che la Corte non abbia tenuto adeguatamente conto delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio (CTU), che avrebbero evidenziato l’impatto negativo del raddoppio del diametro della canna fumaria.

Ulteriori motivi riguardano la presunta mancanza di valutazione dell’impatto estetico lesivo delle opere di installazione di contatori del gas e la mancata specificazione della necessità e legittimità dell’accesso al fondo privato per l’esecuzione delle opere, nonché alcune eccezioni procedurali e inammissibilità di taluni motivi.

La società immobiliare, difesa in cassazione, ha sostenuto la correttezza delle decisioni di merito, la fondatezza della valutazione tecnica e giuridica espressa e ha controbattuto che le opere contestate non ledono il decoro architettonico, che il raddoppio del diametro della canna fumaria è funzionale e giustificato, e che non sussistono soluzioni alternative efficaci e proporzionate rispetto all’accesso al cortile. Sottolinea inoltre la necessità di contemperare l’interesse alla conservazione dell’estetica con la funzionalità tecnica e il diritto di proprietà, ricordando che l’edificio in oggetto presenta già compromissioni pregresse del decoro.

La Cassazione: per valutare l’impatto sul decoro architettonico si deve considerare l’aspetto originale, i danni preesistenti e le modifiche attuali; il degrado passato e la visibilità non impediscono di per sé la legittimità della modifica

La Cassazione, nella sua analisi, ha confermato la validità dei principi espressi dalla Corte d’Appello:

La Corte di appello ha applicato correttamente i principi di questa Corte in tema di decoro architettonico, correttezza che si può misurare alla luce di una delle più recenti espressioni di questo indirizzo (Cass. n. 5722/2024), che la parte ricorrente ha pur invocato (in Corte di modo non condivisibile) a sostegno della propria posizione, secondo cui «nel valutare l’impatto di un’opera modificativa sul decoro architettonico bisogna adottare un criterio di reciproco temperamento tra l’unitarietà originaria di linee e di stile, le menomazioni intervenute successivamente e l’alterazione prodotta dall’opera modificativa sottoposta a giudizio, senza che possa conferirsi rilevanza da sola decisiva, al fine di escludere un’attuale lesione del decoro architettonico, al degrado estetico prodotto da precedenti alterazioni ovvero alla visibilità delle alterazioni» (così Cass. 5722/2024, ma anche Cass. 16518/2023).

Gli ermellini, quindi, hanno ribadito e sottolineato che, nel valutare l’effetto di un’opera sul decoro architettonico, non è decisivo il solo fatto che esistano deterioramenti o alterazioni precedenti, né la visibilità stessa della modificazione, ma la combinazione del contesto e dell’impatto specifico(con il sotteso invito a giudicare caso per caso nel suo concreto contesto). Pertanto, la sostituzione della canna fumaria con una di dimensioni maggiori non costituisce affatto di per sé un peggioramento significativo o economicamente lesivo, specie quando l’impatto visivo diretto è limitato. Quindi la sostituzione con una canna di diametro maggiore, pur modificando l’aspetto, non ha un impatto immediato e peggiorativo significativo sul decoro architettonico del caso in esame.

Questa interpretazione tiene conto del bilanciamento tra tutela estetica e funzionalità tecnica, e riflette un approccio giurisprudenziale moderno e temperato, che evita rigide assolutizzazioni in materia di decoro architettonico, specialmente in contesti già alterati.

Sul tema dell’accesso al fondo altrui ai sensi dell’art. 843 c.c., la Cassazione ha ribadito che la necessità dell’accesso non va intesa in modo assoluto, ma con un criterio di proporzionalità tra il limite temporaneo imposto al proprietario del fondo e le difficoltà o imprecisioni delle soluzioni alternative. Ha confermato che l’utilizzo della via pubblica come alternativa era incerto e non sicuramente realizzabile senza autorizzazioni comunali, risultando quindi giustificato l’accesso al cortile.

La sentenza ha quindi rigettato il ricorso, condannando i ricorrenti alle spese del giudizio di cassazione.

 
 
 

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