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Gronde e sottogronde: di chi è la proprietà?

  • Immagine del redattore: Studio tecnico Metelli
    Studio tecnico Metelli
  • 23 mag
  • Tempo di lettura: 3 min

Chi vive in condominio sa bene quanto possa essere acceso il dibattito sulla proprietà e la manutenzione delle parti comuni. Tra le questioni più discusse, spesso sottovalutate, spicca quella delle gronde e delle sottogronde: elementi apparentemente secondari, ma capaci di generare dubbi e contrasti tra i condomini. Qual è la loro reale natura giuridica? E come si ripartiscono le spese per la loro manutenzione? La Corte di Cassazione (ordinanza n. 10371/2025) esplora i principali nodi interpretativi e le diverse posizioni in campo.

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Chi paga per la manutenzione delle gronde e sottogronde nei condomini?

Le protagoniste del caso avviavano un procedimento sommario dinanzi al Tribunale contro il proprio condominio, chiedendo la dichiarazione di nullità di una delibera assembleare. Tale delibera aveva qualificato le gronde e le sottogronde dei balconi della facciata interna come “beni condominiali”, ripartendo le relative spese di rifacimento tra tutti i condomini, comprese le ricorrenti, proprietarie di unità immobiliari che non affacciavano sulla facciata interna.

In subordine, le ricorrenti chiedevano che, qualora fosse confermata la natura condominiale delle gronde, la ripartizione delle spese seguisse il criterio dell’art. 1123, comma 2, c.c. “Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne” e non quello proporzionale ai millesimi di proprietà.

Il Condominio si è costituito contestando le pretese. Il Tribunale ha respinto la domanda e condannato le ricorrenti alle spese. In appello, la Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado, ritenendo le gronde e le sottogronde beni comuni per la funzione di protezione della facciata e ha ritenuto corretta la ripartizione delle spese secondo i millesimi di proprietà. Le ricorrenti hanno quindi proposto ricorso in Cassazione.

In particolare, le ricorrenti hanno articolato diversi motivi, tra i quali:

  • primo motivo: hanno denunciato la violazione dell’art. 1117 c.c., sostenendo che la Corte d’Appello avrebbe invertito l’onere della prova, applicando la presunzione di condominialità alle gronde senza che il Condominio avesse dimostrato la loro funzione estetica o ornamentale. Secondo loro, le gronde sarebbero pertinenze dei balconi di proprietà esclusiva e non beni comuni, salvo dimostrazione contraria;

  • secondo motivo: hanno lamentato la violazione degli artt. 1117 e 1123, commi 2 e 3, c.c., e dell’art. 112 c.p.c., sostenendo che la Corte d’Appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda subordinata relativa alla corretta ripartizione delle spese, che doveva avvenire tra i soli condomini interessati e non secondo i millesimi di proprietà.

Corte di Cassazione: le opere ed i manufatti deputati a preservare l’edificio condominiale dagli agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d’acqua, piovana o sotterranea, rientrano fra le cose comuni, le cui spese sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà

La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il primo motivo di ricorso, poiché le ricorrenti chiedevano una rivalutazione dei fatti già accertati in appello, attività non consentita in sede di legittimità. Secondo la Cassazione, la Corte d’Appello ha correttamente escluso che le gronde servissero i singoli balconi, rilevando che non tutti i balconi erano dotati di gronda e che queste erano invece destinate a proteggere la facciata interna, bene comune ex art. 1117, n. 1, c.c.:

la circostanza che non tutti i balconi del Condominio in questione siano provvisti di gronde, valeva ad escludere che le gronde oggetto di causa svolgessero la funzione di raccolta dell’acqua piovana del singolo balcone

La funzione di tali manufatti, accertata in fatto, era quella di raccogliere e smaltire le acque meteoriche a tutela della facciata condominiale, giustificando così la loro natura comune e la ripartizione delle spese secondo i millesimi di proprietà.

Quanto al secondo motivo, la Cassazione lo ha ritenuto infondato: la Corte d’Appello ha implicitamente rigettato la domanda subordinata delle ricorrenti, avendo già riconosciuto la funzione comune delle gronde e la conseguente applicazione del criterio di riparto previsto dall’art. 1123, comma 1, c.c. La giurisprudenza consolidata prevede infatti che le spese per la conservazione di parti comuni come muri, tetti e manufatti destinati a proteggere l’edificio dagli agenti atmosferici vadano ripartite tra tutti i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà, senza necessità di accertare un diverso uso o godimento da parte di alcuni condomini.

La Cassazione ha quindi confermato la decisione della Corte d’Appello, rigettando il ricorso delle ricorrenti e ribadendo la correttezza della qualificazione e della ripartizione delle spese adottate dal Condominio.

 
 
 

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