La Cassazione ribadisce che per il frazionamento di un’unità immobiliare che non altera né sagoma né prospetti esterni è sufficiente la SCIA
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 14725/2019 chiarisce quali titoli abilitativi siano necessari in caso di frazionamento di unità immobiliari abitative.
I fatti in breve
I proprietari di un immobile, a seguito di lavori, avevano frazionato un appartamento in 4 unità distinte.
Secondo il Comune tale operazione era stata eseguita senza permesso di costruire (era stata presentata soltanto una SCIA), pertanto era stato contestato il reato di abuso edilizio.
Per i giudici di primo grado il problema stava nel fatto che gli autori dell’intervento avevano presentato una SCIA poiché avevano qualificato illegittimamente l’operazione come un progetto di risanamento conservativo mentre si sarebbe trattato di una ristrutturazione, che avrebbe richiesto l’ottenimento di un permesso di costruire.
Con sentenza del 30 gennaio 2018, la Corte d’Appello di Firenze, respingendo il ricorso dei proprietari, aveva confermato la sentenza di primo grado che prevedeva la condanna ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. b), dpr n. 380/2001 (per aver realizzato un intervento di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire) e per il reato di cui all’art. 19, comma 6, n. 241/1990 in relazione alle false attestazioni commesse dal tecnico nell’asseverazione allegata alla suddetta SCIA.
Per i proprietari, invece, il Comune aveva erroneamente qualificato l’intervento come ristrutturazione edilizia soggetta al permesso di costruire, piuttosto che come risanamento conservativo soggetto a SCIA, senza considerare che i lavori non avevano comportato un aumento della superficie utile lorda.
I proprietari pertanto presentavano ricorso in Cassazione.
La decisione della Cassazione
Per la Cassazione, pur convenendo sulla qualificazione giuridica dell’intervento in termini di ristrutturazione edilizia piuttosto che di risanamento conservativo “tenendo conto che si è trattato di un insieme sistematico di opere che ha indubbiamente portato ad un organismo edilizio diverso dal precedente, sia per la trasformazione di un appartamento in quattro distinte unità abitative, sia per la modifica di elementi costitutivi”, non sarebbe stato necessario il permesso di costruire.
Infatti per i giudici di Cassazione, i tribunali di primo e secondo grado avrebbero:
trascurato di considerare che non tutti gli interventi di ristrutturazione edilizia sono soggetti al previo rilascio del permesso di costruire, sì che l’esecuzione dei lavori in assenza del medesimo integra il reato di cui all’art. 44, comma l, lett. b), d.P.R. 380 del 2001.
Il permesso di costruire infatti sarebbe necessario soltanto per quegli interventi che: “portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti“.
Si tratta degli interventi definiti di ristrutturazione edilizia “pesante” che, a differenza delle residuali ipotesi rientranti nella categoria per la cui realizzazione è sufficiente la SCIA, sono assoggettati al previo rilascio del permesso di costruire con conseguente realizzazione della fattispecie penale contestata nel caso di assenza del titolo.
Se, per contro, si tratti di ristrutturazione edilizia “leggera” per cui è sufficiente la SCIA, quand’anche non fosse stata corretta la qualificazione dei lavori in termini di risanamento conservativo data dai richiedenti, il fatto non integrerebbe gli estremi del reato contestato.
Per la Cassazione i fatti oggetti di causa ricadono nella seconda categoria; il ricorso viene accolto e le sentenze di primo e secondo grado vengono ribaltate.