Nuovi chiarimenti giungono da Palazzo Spada in merito al cambio di destinazione d’uso ed alle caratteristiche igienico-sanitarie che i locali devono possedere per tale cambio.
Di seguito alcuni interessanti dettagli contenuti nella sentenza n. 6581/2021 del Consiglio di Stato.
Il caso
Il proprietario di un immobile decideva di destinare (senza richiedere le autorizzazioni del caso) due locali, che precedentemente erano stati adibiti a diversa destinazione d’uso, ad alcune attività commerciali e professionali (tramite affitto).
Nel dettaglio si trattava di:
un locale ad uso garage trasformato in agenzia viaggi;
un locale ad uso magazzino che diventava uno studio legale.
Successivamente, il proprietario faceva domanda presso il Comune di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del dpr 380/2001.
L’Ente locale lo rigettava, poiché risultava negativo il parere del servizio di igiene e sanità pubblica, il quale aveva evidenziato:
un’altezza di metri 2,20 non idonea;
la mancanza di interventi di risanamento igienico finalizzati a rimuovere fenomeni di umidità necessari per rendere i locali idonei alla nuova destinazione.
Il proprietario sosteneva invece che l’altezza interna (di 2,20 m rispetto al consentito limite di 2,70 m) potesse derogare il limite imposto.
La questione si risolveva con un ricorso al Tar, che lo respingeva, ed un successivo ricordo presso il CdS.
La sentenza del Consiglio di Stato
I giudici, richiamando l’art. 36 (Accertamento di conformità) del dpr 380/2001, ricordano che al comma 1 esso dispone che in caso di interventi realizzati in violazione delle norme che prevedono il permesso di costruire o la Scia:
il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
Il CdS ricorda anche che:
l’art. 24 (Agibilità) dello stesso testo unico dell’edilizia prescrive che l’agibilità degli immobili è condizionata alla sussistenza di determinate condizioni igienico-sanitarie;
il regolamento edilizio comunale del caso in esame prevede l’altezza minima dei locali di 2,70 m, con possibilità di derogarvi previo parere favorevole del servizio di igiene pubblica.
In definitiva, i giudici di Palazzo Spada escludono ogni possibilità di deroga, poiché gli ambienti da destinare a diverso uso presentano un’altezza (m 2,20) di gran lunga inferiore a quella minima regolamentare prevista per gli ambienti di lavoro ed inferiore anche all’altezza prevista per gli spazi accessori e servizi (corridoi e servizi igienici).
Il ricorso non è, quindi, accolto.
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