Altezza canna fumaria: di quanto deve sporgere dal tetto?
- Studio tecnico Metelli
- 6 dic 2024
- Tempo di lettura: 5 min
La canna fumaria di impianti alimentati a legna e biocombustibili solidi deve sporgere dal colmo del tetto, e cioè nella parte più alta della copertura, di almeno un metro. Lo chiarisce il CdS
Le canne fumarie fungono, come sappiamo, da vie di evacuazione per i fumi e i gas prodotti dagli impianti di riscaldamento. La loro progettazione e installazione non toccano solo questioni tecniche, ma anche temi di grande rilevanza legale, ambientale ed estetica. Con l’aumento dell’uso di sistemi di riscaldamento a pellet e altre fonti di energia rinnovabile, la corretta integrazione delle canne fumarie negli edifici diventa fondamentale per garantire non solo l’efficienza energetica, ma anche la sicurezza degli abitanti e il rispetto delle normative urbanistiche.
In un contesto in cui le normative locali e nazionali si evolvono per affrontare le sfide ambientali, la questione delle canne fumarie solleva quindi interrogativi sulla compatibilità tra innovazione tecnologica e tutela del patrimonio architettonico. La loro installazione deve avvenire anche in modo da armonizzarsi con l’estetica degli edifici esistenti, evitando impatti visivi negativi e garantendo al contempo il corretto funzionamento degli impianti. Questo delicato equilibrio tra funzionalità e bellezza architettonica è al centro di dibattiti accesi, che coinvolgono progettisti, amministratori locali e cittadini.
Dimensionare una canna fumaria è quindi fondamentale e commettere errori nel farlo significherebbe andare incontro a inconvenienti come un tiraggio insufficiente con ambienti fumosi e non idoneamente riscaldati. Per non avere questi tipi di problemi, ti consiglio di calcolare il giusto dimensionamento della canna fumaria, utilizzando un apposito software per il dimensionamento delle canne fumarie che ti guida in tutte le scelte e ti aiuta ad effettuare correttamente il calcolo di camini singoli e collettivi in linea con le norme in vigore.
Ma scopriamo insieme i chiarimenti in merito che giungono dalla giurisprudenza con la sentenza n. 7293/2024 del Consiglio di Stato.
Quale parte del tetto, e di quanto, un canna fumaria deve sovrastare per un regolare funzionamento?
Il caso in esame riguarda un ricorso presentato da un’amministrazione comunale contro i signori che avevano originato una discussione legale in merito alla canna fumaria della vicina proprietaria dell’immobile sottostante alla loro proprietà.
Nello specifico, detti signori erano comproprietari di un appartamento situato al quarto piano di un complesso immobiliare, mentre al piano terra si trovava l’appartamento della vicina, la quale aveva installato una canna fumaria per una stufa a pellet. Questa canna fumaria attraversa la facciata dell’edificio e terminava sulla gronda di raccolta delle acque meteoriche.
L’installazione della canna fumaria era stata autorizzata dal SUAPE del Comune.
Successivamente, i signori comunicavano al SUAPE e alla vicina la loro opposizione all’intervento, considerandolo illegittimo sia dal punto di vista civile che edilizio. Il SUAPE rispondeva confermando la legittimità dell’intervento. Di conseguenza, i signori presentavano un ricorso al Tribunale amministrativo regionale (T.a.r.), chiedendo l’annullamento della deliberazione autorizzativa del Comune.
Il Tar accoglieva il ricorso, per cui il Comune presentava appello contro la sentenza.
L’amministrazione contestava principalmente l’interpretazione fornita dal Tar riguardo alle norme edilizie applicabili, sostenendo che:
Il regolamento comunale […], non si riferisce al “colmo” ma al “tetto” in generale prescrivendo, testualmente, che “ogni apparecchio di combustione deve essere dotato di una propria canna fumaria, isolata dalle altre, prolungata oltre il tetto e terminante con un fumaiolo in muratura”
In poche parole, l’equivoco interpretativo tra tetto e colmo del tetto era dato da due disposizioni del regolamento comunale:
La prima prescriveva che:
Ogni apparecchio di combustione deve essere dotato di una propria canna fumaria, isolata dalle altre, prolungata oltre il tetto e terminante con un fumaiolo in muratura
La seconda, invece, che:
Il calore prodotto da motori o da altri apparecchi a vapore, nonché i gas provenienti dalle motrici, devono essere scaricati attraverso un camino o mediante appositi tubi che si innalzino oltre il colmo dei tetti dei fabbricati circostanti.
Dunque, nel caso in esame, la stufa a pellet (a parere del Comune) andava ricompresa nel primo caso, tra gli apparecchi di combustione.
Ne conseguiva che le disposizioni relative alla collocazione delle canne fumarie non vietavano l’installazione come quella realizzata dalla vicina, e che le normative vigenti non imponevano che la canna fumaria devesse elevarsi oltre il colmo del tetto.
CdS: le disposizioni generali sulla collocazione dei comignoli di impianti a combustione di biomassa fanno sempre riferimento alla parte più alta di una copertura
L’interpretazione delle norme riguardanti la costruzione e il posizionamento delle canne fumarie proposta dal Comune non è ritenuta valida dai giudici di Palazzo Spada.
Riferimenti normativi
Il CdS premette che la normativa di riferimento UNI 10683, volta a disciplinare il posizionamento dei comignoli degli apparecchi a combustibile solido di potenza non superiore a 35 kW, esclude la possibilità di scaricare a parete, obbligando sempre lo scarico sopra il tetto dell’edificio; la quota di sbocco deve trovarsi al di fuori della zona di reflusso calcolata traslando in verticale di m. 1,30 l’estradosso della copertura laddove la norma UNI 13501-1 disciplina l’evacuazione dei fumi per tali generatori.
Inoltre, sottolinea il CdS, il giudice del Tar ha evidenziato che l’articolo 17 bis della legge 3 agosto 2013, n. 90, intitolato “Requisiti degli impianti termici”, apporta modifiche all’articolo 5, comma 9 del D.P.R. 26 agosto 1993, n. 412. Questa modifica stabilisce che:
Gli impianti termici installati successivamente al 31 agosto 2013 devono essere collegati a camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti della combustione, con sbocco sopra il tetto dell’edificio alla quota prescritta dalla regolamentazione tecnica vigente.
Il CdS fa notare come tale disposizione è contenuta anche nel regolamento edilizio comunale del caso in esame, allegato al PUC.
Il Comune ha sostenuto che nel caso specifico dovrebbe applicarsi quella parte del regolamento che stabilisce che “Ogni apparecchio di combustione deve essere dotato di una propria canna fumaria, isolata dalle altre, prolungata oltre il tetto e terminante con un fumaiolo in muratura“. Tuttavia, fanno notare i giudici di Palazzo Spada, la canna fumaria in questione è collegata a un impianto di riscaldamento a pellet, considerato a tutti gli effetti dalla norma come impianto di riscaldamento a motore e pertanto rientra anche nella disciplina che si riferisce al “calore prodotto da motori”. Le due disposizioni si differenziano principalmente per il fatto che la prima riguarda il tetto della costruzione attraversata dalla canna fumaria, mentre la seconda si occupa dell’altezza della tubazione rispetto al colmo del tetto degli edifici circostanti.
Distinzione tra colmo e copertura
La distinzione proposta dal Comune tra i concetti di “colmo” del tetto e “copertura” è considerata priva di fondamento logico e a nulla vale alla difesa. Il colmo rappresenta la parte più alta di un tetto a due falde e quindi coincide con la sommità della copertura. Di conseguenza, la prescrizione del Regolamento Edilizio Comunale – che anche il Comune riconosce applicabile nel caso in esame – richiede in ogni caso che la canna fumaria sia prolungata “oltre il tetto”, riferendosi pertanto alla copertura nella sua interezza.
L’appello presentato non è, quindi, accolto.
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