La sentenza n. 852/2020 del Tar Lombardia ribadisce la differenza che intercorre tra manutenzione straordinaria e ristrutturazione edilizia.
Il caso
Un privato impugnava il Permesso di costruire concessogli dal Comune dal momento che si era visto addebitare una cospicua somma relativa al contributo concessorio.
Il Permesso di costruire era stato rilasciato in merito a lavori edilizi (a detta del privato di “manutenzione straordinaria e, in minima parte di ristrutturazione edilizia“) da eseguirsi su un fabbricato residenziale di proprietà.
L’amministrazione comunale aveva, invece, riscontrato un ampliamento volumetrico di 66,96 m³ pari all’8,70% del volume complessivo e numerose innovazioni apportate all’immobile relative a:
un importante sbancamento di terreno;
chiusura di un portico e sostituzione di un altro piccolo portico con uno più grande sovrastato da una terrazza di 50 m²;
totale rifacimento e ridistribuzione degli interni e l’apertura di nuove porte;
rifacimento di tutti gli impianti;
creazione di un nuovo ingresso monumentale al parco circostante.
Tutto ciò avrebbe portato (a parere del Comune) ad un organismo edilizio diverso dal precedente, per cui erano dovuti i contributi concessori relativi al permesso di costruire così come erano stati calcolati.
La questione finiva con il ricorso al Tar contro il Comune.
La sentenza del Tar Lombardia
I giudici del Tar, richiamando l’art. 3 (Definizione degli interventi edilizi) del dpr 380/2001, delineano la differenza che intercorre tra manutenzione straordinaria e ristrutturazione edilizia.
Per “interventi di manutenzione straordinaria” si intendono:
le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici,
la realizzazione ed integrazione di servizi igienico-sanitari e tecnologici,
sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico.
Per “interventi di ristrutturazione edilizia” si intendono, invece:
il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio,
l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti,
gli interventi che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici,
gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.
I togati spiegano che:
Ciò che contraddistingue la manutenzione straordinaria rispetto alla ristrutturazione edilizia è il fatto che, mentre la prima ha una finalità meramente conservativa riguardante il ripristino o il rinnovamento di elementi dell’edificio, lasciandone inalterata la struttura dell’edificio, la seconda, invece, determina un’alterazione dell’originaria fisionomia e/o della consistenza fisica dell’immobile.
I giudici concludono che il concetto di manutenzione straordinaria è incompatibile con la realizzazione di un intervento di ampliamento di un immobile; quest’ultimo comporta una inevitabile alterazione della volumetria complessiva dell’edificio, in contrasto con la definizione di cui al citato art. 3 comma 1 lett. b) del Testo unico dell’edilizia.
Il ricorso, quindi, non è accolto.
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