La SCIA come la richiesta di altro titolo edilizio in sanatoria non può sospendere l’ordine di demolizione. Lo afferma il CdS
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 4200/2023 ricorda che non è possibile sospendere un’ordinanza di demolizione emessa contro un abuso edilizio, con la richiesta di un titolo edilizio in sanatoria, ma occorre procedere con una formale istanza di accertamento di conformità o di condono. E qui ritorniamo su una questione molto delicata: la scelta preliminare ed opportuna del titolo abilitativo necessario alla legale realizzazione di un manufatto edilizio. Oggi questo compito è sicuramente meno gravoso grazie ad un valido strumento di lavoro: il software per i titoli abilitativi in edilizia perché il tuo lavoro possa essere più veloce e al riparo da errori, supportato da una procedura guidata che ti mette a disposizione tutti i modelli unici (compreso il modello CILA Superbonus) per l’edilizia sempre aggiornati e a portata di mano.
Sospendere temporaneamente l’ordine di demolizione: SCIA in sanatoria o accertamento della doppia conformità?
Il caso di oggi nasce da un episodio un po’ curioso e forse apparentemente scontato, ma che vale la pena analizzare per mettere in maggior luce le giuste procedure che rendono possibile sospendere momentaneamente un’ordinanza di demolizione.
Tutto ha origine da un fabbricato abusivo sottoposto a diversi tentativi successivi da parte dei proprietari, finalizzati a porvi rimedio e al fine di sottrare il manufatto stesso da interventi di demolizione ordinati dal Comune.
I suddetti tentativi creavano una situazione alquanto pasticciata che partiva con la presentazione di una istanza di condono da parte dell’originario proprietario, fino alla presentazione di una SCIA per la ristrutturazione del sottotetto dell’immobile da parte degli eredi.
Successivamente il Comune intimava la demolizione delle opere effettuate al sottotetto per difformità di quest’ultime dal titolo edilizio suddetto, per cui gli eredi decidevano di presentare un’altra SCIA auto definita “in sanatoria”, per salvare quanto oggetto della precedente ristrutturazione. Ma la SCIA veniva prontamente dichiarata inefficace dall’ente territoriale.
La questione si traduceva in un ricorso, prima al Tar che lo respingeva, poi in appello presso il CdS.
Il motivo di appello? I provvedimenti, repressivi e sanzionatori, emanati dal Comune che i ricorrenti ritenevano illegittimi per il fatto che era pendente la richiesta di sanatoria.
Il Consiglio di Stato sulla temporanea sospensione della demolizione: una SCIA in sanatoria non può essere efficace!
Palazzo Spada premette che la realizzazione di un intervento edilizio, prima del rilascio del titolo prescritto dalla legge, ne comporta irrimediabilmente l’abusività (quantomeno quella c.d. formale), che può essere regolarizzata attraverso l’accertamento di compatibilità urbanistica, di cui all’art. 36 del dpr 380/2001, sempreché ne ricorrano i presupposti della c.d. doppia conformità sostanziale.
Pertanto, perché si possa produrre la sospensione dell’effetto della ordinanza di demolizione, è necessario presentare una formale istanza di condono o di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del TUE, ma nel caso in esame non è stato provato che dette istanze siano state presentate.
I giudici aggiungono che:
Parimenti non si ammettono la d.i.a. o la s.c.i.a. in sanatoria presentate successivamente al completamento dell’opera abusiva ed utilizzate come strumento di sanatoria giacché gli illeciti edilizi in questione, ad eccezione dei casi contemplati dall’ art. 37 del d.P.R. n. 380 del 2001, possono essere sanati soltanto in forza di titolo edilizio per condono straordinario o per accertamento di conformità.
Infatti, in base al principio di tipicità degli atti amministrativi, un’istanza di permesso di costruire o una SCIA può avere ad oggetto solo lo svolgimento di attività edilizia futura ed è comunque escluso, in base all’indirizzo prevalente del Consiglio di Stato, che il Comune debba emanare una nuova ordinanza di demolizione dopo che è stata presentata una formale istanza di accertamento di conformità (art. 36 dpr 380/2001) e sia stata esitata negativamente.
In ultimo, il CdS evidenzia che le motivazioni del ricorrente si infrangono anche in base al principio generale secondo cui, di norma, è impossibile realizzare ulteriori opere sul medesimo bene abusivamente edificato pur se oggetto di condono straordinario.
Il ricorso non è, quindi, accolto.
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