CdS: una strada privata soggetta a servitù di passaggio non può essere oggetto di una SCIA che preveda lavori ostativi alla servitù stessa
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 3618/2022 fa il punto su quale siano i presupposti che rendono una proprietà privata soggetta a servitù di passaggio e di come la presentazione di un’eventuale SCIA, che limiti quel diritto di passaggio pubblico, possa risultare legittima ma non accoglibile.
Limitare il passaggio di una strada privata e scoprire che la SCIA presentata non è accoglibile, il caso
Alcuni privati presentavano una SCIA al Comune per lavori di installazione di una barriera manuale su una strada privata che insisteva sulla loro proprietà, volta ad impedire il traffico veicolare.
Successivamente, l’ente territoriale inibiva in autotutela la SCIA con la motivazione che quella barriera avrebbe ristretto e limitato la viabilità di una strada soggetta a servitù di uso pubblico.
I privati decidevano di fare ricorso al Tar che lo accoglieva, poiché a parere dei giudici la SCIA non era stata annullata per riscontrate violazioni edilizie:
ma assumendo una indimostrata servitù di uso pubblico
in quanto secondo lo stesso Tar una servitù di uso pubblico è configurabile quando:
il passaggio è esercitato da una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad un gruppo territoriale;
sussiste la concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze ed interessi di carattere generale, anche per il collegamento con la pubblica via;
esiste un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico, che può anche identificarsi nella protrazione dell’uso da tempo immemorabile;
siano stati operati interventi di manutenzione da parte della P.A.;
tutte condizioni non evidenziate dall’Amministrazione Pubblica.
Il Comune decideva di appellarsi al CdS.
Il parere del Consiglio di Stato sul vincolo di servitù di passaggio che sussiste sulla strada privata
I giudici di Palazzo Spada ricordano che ai sensi dell’art. 11 dpr 380/2001:
Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo.
Tale regola è applicabile anche alla richiesta di una SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività), ma è anche vero che il Comune conserverà il potere di verificare la legittimazione del richiedente e accerterà se egli sia il proprietario dell’immobile oggetto dell’intervento costruttivo o se, comunque, abbia un titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l’attività edificatoria.
Nel caso in esame (a parere dei giudici), contrariamente a quanto rilevato dal Tar in primo grado, non si contesta alla parte appellata la titolarità del diritto di proprietà dell’area, ma che esso (e, conseguentemente, il bene oggetto di quel diritto reale) sia libero da pesi o vincoli, che risultino ostativi rispetto al tipo di intervento che si intende realizzare.
Il Comune ha ravvisato la sussistenza di un uso pubblico della strada in ragione:
della sua percorrenza, protrattasi nel tempo, da parte di una generalità indifferenziata di individui residenti in quella specifica zona del territorio comunale;
del suo essere l’unico percorso di accesso alla via pubblica, per un insieme di fabbricati, serviti dalla suddetta strada e collocati al di là della zona dove si intende collocare la sbarra;
della presenza, lungo la carreggiata della strada, della rete e delle infrastrutture di molteplici servizi pubblici e utenze;
dell’avvenuta cura, nel tempo, del buono stato di manutenzione della sede stradale da parte del Comune (che si è, dunque, perciò assunto l’obbligo della custodia del bene);
dell’essere stata ricompresa nell’ambito di una serie di beni da cedere al Comune, nell’ambito dell’attuazione di un piano di lottizzazione.
In definitiva, in questo caso non si contesta la legittima presentazione del titolo edilizio ai sensi dell’art. 11 dpr 380/2022, ma la possibilità del suo accoglimento data la presenza di reali diritti di servitù di passaggio da parte del pubblico.
Il ricorso è, quindi, accolto.
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